Gli studiosi lo hanno definito “un unicum nella storia della miniatura”, “un’opera di vertiginosa qualità”, “un libro di lusso estremo”. Le ragioni per cui il Libro d’Ore Durazzo è oggetto di tanta ammirazione sono molte, prima fra tutte l’eccezionalità della pergamena purpurea scritta a caratteri d’oro.
A fare del Libro d’Ore Durazzo un capolavoro assoluto del Rinascimento sono le splendide miniature di Francesco Marmitta. Le emozionanti scene dipinte (6 delle quali a tutta pagina) sono incorniciate da estrose decorazioni a grottesche ispirate all’arte antica: cippi e candelabri si librano in fragile equilibrio sopra cornicioni sospesi nel vuoto, mentre da sottili filamenti dorati pendono collanine, medaglioni, animaletti e oggetti arcani.
Il rosso e l’oro sono i colori dominanti di questo piccolo libro di preghiere realizzato nei primi anni del Cinquecento. Di colore rosso sono infatti le sorprendenti pagine tinte di porpora (materiale costosissimo ispirato ai codici della tarda antichità), il velluto di seta pura della legatura e i due rubini che illuminano i fermagli. Un colore, il rosso, intriso di molte simbologie, essendo connesso all’idea della Roma imperiale e dell’autorità civile e religiosa.
La presenza dell’oro nel Libro d’Ore Durazzo è segno distintivo di ricchezza e opulenza. Impressionante è il suo uso per la scrittura del testo: questa pratica, estremamente rara, è chiamata crisografia e fa risaltare i caratteri sul fondo purpureo irradiando di luce ed eleganza ogni pagina del libro. A vergare il testo fu il più celebre copista dell’epoca: Pier Antonio Sallando. L’oro si ritrova inoltre sui decori in argento massiccio della coperta, nel taglio dorato del volume e nelle innumerevoli, preziose lumeggiature delle illustrazioni.
Riproduzione integrale del codice m.r. Cf. Arm. I della Biblioteca Berio di Genova
Tiratura limitata di 980 esemplari numerati per la diffusione mondiale
432 pagine di formato 143 x 970 mm con riproduzione facsimilare delle dorature
Capitelli in seta cuciti a mano a due colori (rosso e oro)
Legatura con cornici in argento massiccio cesellato, con inserti di doratura
Rivestimento in velluto di seta pura
Quattro borchiette in argento dorato su ciascun piatto
Commentario di 336 pagine con 111 illustrazioni a colori a cura di Andrea De Marchi
Due fermagli in argento cesellato decorate con rubini autentici
Taglio del libro dorato
Riproduzione facsimilare della tinta purpurea delle pagine
Fedele riproduzione del profilo irregolare delle carte
45 miniature (di cui 6 a piena pagina) e oltre duecento iniziali figurate
Legatura realizzata interamente a mano
Con ogni probabilità il libro fu commissionato nel 1502 da Giovanni de’ Rossi di San Secondo, membro di una delle famiglie nobili più potenti di Parma, con lo scopo di donarlo al figlio Troilo. Forse la scelta stessa della pergamena purpurea fu un omaggio al nome della casata. Non può essere un caso, infine, che il committente effigiato in una miniatura del codice indossi una veste di colore rosso.
Il manoscritto deve il suo nome attuale al marchese genovese Marcello Luigi Durazzo (1790-1848): raffinato intenditore d’arte e collezionista appassionato, il marchese acquistò il codice da un mercante nel 1826, per poi donarlo alla Biblioteca Berio di Genova, dove è conservato ancora oggi.
Il Libro d’Ore Durazzo è uno dei pochissimi codici dell’epoca ad aver conservato la legatura originale, un capolavoro di autentica oreficeria. Le cornici in argento cesellato sono decorate con motivi rinascimentali a racemi, dove si intrecciano vasi, conchiglie, delfini, bucrani e mostri fantasiosi. I fregi, sottilmente intagliati, richiamano gli ornati di molte carte del libro.
La presenza dell’oro è segno distintivo di ricchezza e opulenza. Impressionante è il suo uso per la scrittura del testo: questa pratica, estremamente rara, è chiamata crisografia e fa risaltare i caratteri sul fondo purpureo irradiando di luce ed eleganza ogni pagina del libro. A vergare il testo fu il più celebre copista dell’epoca: Pier Antonio Sallando. L’oro si ritrova inoltre sui decori in argento massiccio della coperta, nel taglio dorato del volume e nelle innumerevoli, preziose lumeggiature delle illustrazioni.
Pittore, orafo, incisore e miniatore: il parmense Francesco Marmitta (1462/1466 – 1505) fu un artista versatile, e per questo molto richiesto. Di lui Giorgio Vasari scrisse che «fu grandissimo imitatore degli antichi. Di costui si vedde molte cose bellissime». Tra i suoi maggiori capolavori, la celebre Pala di San Quintino oggi conservata al Louvre.
La fama del Libro d’Ore Durazzo si deve anche allo straordinario dipinto realizzato da Francesco Mazzola, detto il Parmigianino, nel quale il codice purpureo è fieramente esibito dall’uomo ritratto. Recenti studi hanno fatto luce sull’identità di questo misterioso personaggio dallo sguardo penetrante. Si tratta del primo proprietario del libro: il nobile parmense Troilo de’ Rossi. Il dipinto testimonia come il manoscritto fosse ricco di valenze simboliche e antiquarie, conferendo al possessore prestigio sociale e culturale.
L’edizione in facsimile del Libro d’Ore Durazzo è stata presentata al Palazzo Ducale di Genova il 5 maggio 2008. All’evento hanno partecipato Antonio Paolucci, Laura Malfatto e Andrea De Marchi.
Il Libro d’Ore Durazzo fa parte della collana “La Biblioteca Impossibile”, la più autorevole e preziosa collezione di facsimili dedicata al Rinascimento. Un progetto unico per completezza e rigore scientifico inaugurato nel 1995 dalla Bibbia di Borso d’Este e proseguito, anno dopo anno, con la riproduzione di capolavori assoluti della miniatura: dalla monumentale Bibbia di Federico da Montefeltro al piccolo Libro d’Ore Torriani, dal sontuoso Lezionario Farnese alle celeberrime Très Riches Heures del Duca di Berry.
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